LA NOSTRA FILOSOFIA

    Il parco agrituristico Il frutteto del Monte nasce per far mangiare ai suoi visitatori e clienti la frutta direttamente negli alberi, assecondando, in riferimento alla narrazione biblica sul peccato originale, proprio la più antica aspirazione umana,  riportando alla conoscenza e al pubblico apprezzamento tutte le varietà di frutta che esistevano nelle nostre campagne fino a circa cinquanta anni fa, e per valorizzare la nostra varietà locale di oliva "Raggia di Monte San Vito", varietà proveniente da piantoni secolari che possiamo ammirare in questa cartolina d'epoca di Monte San Vito

    L'oliva "Raggia di Monte San Vito" è prelibata sia da olio, che da tavola, perché anche se non di dimensioni giganti è l'unica a mantenere consistenza nel tempo sotto salamoia, e si accompagna benissimo con contorni di carne, o anche per adornare certi piatti di pesce, e va tutelata, proprio in questa terra "vocata all'olio d'oliva" dall'assalto di nuove varietà più produttive ma molto meno pregiate qualitativamente, ottenute dall'ingegneria vivaistica di questi ultimi decenni, quali la varietà "frantoio" ed "Leccino" . Il parco, attualmente dispone di una quarantina di piante secolari di Raggia di Monte San Vito, e tra le mille nuove piante messe a dimora recentemente, 750 sono certificate di varietà "Raggia di Monte San Vito".

    Tornando al nostro scopo primario della tutela, conservazione e divulgazione di tutte le varietà di frutta esistite nei nostri campi e sulle nostre tavole fino a cinquanta anni fa, occorre osservare che nella attuale gamma di frutta proposta dalla distribuzione commerciale, possiamo trovarne di ottime varietà, possiamo trovare la stessa specie di frutta disponibile anche tutto l'anno, perché i trasporti aerei ci permettono anche di disporre della frutta prodotta nell'altro emisfero in cui le stagioni sono invertite, però logiche produttive, commerciali, di trasformazione e conservazione industriali hanno operato una drastica riduzione sulla gamma varietale della frutta disponibile, escludendo anche talune varietà e addirittura talune specie di frutta, che senza questo intervento di valorizzazione e recupero andrebbero perse.

    Per capire il senso di quanto affermiamo occorre riportarci alla realtà agricola locale di una cinquantina di anni fa, quando l'agricoltura veniva praticata con poche e semplici macchine agricole quasi sempre a trazione animale; non occorrevano grandi spazi per il loro funzionamento e nei campi oltre alle due principali colture praticate allora, grano e foraggio, esistevano una grande quantità di alberi; che nel caso delle vecchie olive secolari erano posizionate anche in modo molto disordinato  (come si vede dalla foto d'epoca); Tra i grandi alberi vanno inoltre elencate le querce, oggi protette, gli olmi, i gelsi "mori", che con le loro foglie si alimentava il bestiame; c'erano anche allora tante viti soprattutto di Verdicchio, Lacrima ed una volta anche di Biancame dorato, con la differenza che oltre a formare vigne, formavano i "filoni", filari singoli, paralleli ad altri distanti 15/20 metri per tutta l'estensione del campo, ed in mezzo si coltivava alternativamente il grano e il foraggio. I filoni non avevano pali di sostegno, bensì degli alberi; ne esisteva una varietà proprio ad hoc, gli "oppi", (acero campestre) che avevano la loro impalcatura o croce ad un'altezza di due metri, nella quale il fusto si divideva in sei parti, detti talloni, nei quali venivano legate le viti, (portavano due viti ciascuno) che formavano "le pendole", e in ciascun oppio con le sue pendole, per lo sviluppo che le due viti avevano, si riusciva a a produrre circa un quintale di uva, cioè 50 kg. a vite; L'oppio, albero caratteristico delle nostre colline fino a qualche decennio fa è definitivamente scomparso e al momento ci è impossibile persino proporne una fotografia.
    Oltre a questi, le nostre colline marchigiane erano pieni di tanti alberi da frutta; non esistevano dei frutteti specializzati, ma esistevano tutti i tipi di alberi da frutta nel massimo assortimento, dislocati proprio lungo i filoni di viti, perché praticamente non occupavano posto, e fungevano da sostegno al filone, e soprattutto allora, che non c'erano gli attuali mezzi di trasporto e i frigoriferi, arricchivano giornalmente le tavole degli agricoltori; Per talune famiglie mezzadre, numerose, con molti figli piccoli, la possibilità di avere quotidianamente della frutta fresca genuina (che non andava divisa con il proprietario del terreno "il padrone") per buona parte dell'anno era una risorsa di sopravvivenza.
    A quei tempi l'agricoltura era solo biologica, i fertilizzanti chimici sono arrivati non più di una trentina di anni fa, a sostituire i fertilizzanti organici prodotti dai bovini nelle stalle, e l'agricoltura trasgenica detta O. G. M. (organismi geneticamente modificati) è una realtà di questi ultimi anni (meno di un decennio).
   
Ci sentiamo in dovere di spiegare sinteticamente il significato e funzionamento dell'agricoltura trasgenica o "O. G. M":;  Quando con l'avvento dei diserbanti e pesticidi si è visto che questi danneggiavano anche le piante che dovevano proteggere si è intervenuti sulle piante geneticamente in maniera da renderle resistenti ai veleni, pesticidi, diserbanti, ecc così che le infestanti, insetti ecc. subivano il trattamento senza che le piante avessero danni, anzi segnando sempre nuovi record produttivi.
    I sostenitori di queste tecniche, oltre alle ovvie ragioni economiche e pratiche, ne sostengono una assoluta indispensabilità per garantire la sufficienza alimentare ancora per qualche decennio all'umanità in continuo aumento, a fronte delle superfici coltivate in continua diminuzione.
    I contrari a queste tecniche dicono sostanzialmente che anche se gli organismi geneticamente modificati resistono ai veleni, comunque li assorbono interamente e li trattengono fino a quando finiranno sulle tavole per essere consumati   
    Noi non sappiamo valutare l'allarme paventato dai sostenitori delle tecniche di agricoltura trasgenica, mentre ci sembrano ovvie e incontestabili le considerazioni dei loro avversari.
    Noi, per quanto può rappresentare la superficie e la produzione del parco rispetto agli abitanti del pianeta, ci sentiamo in dovere di garantire la nostra clientela sulla massima qualità e genuinità dei nostri prodotti, per questo abbiamo scelto per il parco una conduzione di agricoltura biologica naturale ed una sua certificazione tra le più rigorose (secondo il disciplinare A.M.A.B., che fra l'altro prevede l'assoggettamento dell'intera azienda) affidata all'organismo di certificazione  I. M. C.. 

    La numerosa frutta presente nelle nostre campagne in tutta la sua ampia gamma varietale, fino a cinquanta anni fa era dovuta a nascita spontanea degli arbusti che venivano trapiantati lungo i filoni di viti e successivamente innestati con polze di alberi da frutta che quando non erano aziendali erano di agricoltori vicini e ogni agricoltore teneva ad avere nel suo campo tutta la frutta che il clima del luogo gli permetteva.
    Il calendario della disponibilità della frutta nelle nostre campagne e anche presso la distribuzione commerciale di allora (non esistevano ancora né i frigoriferi, né le serre, né tanto meno l'importazione dall'emisfero opposto del mondo) era il seguente:
    Si cominciava alla fine di marzo o ai primi di aprile con i mandolini verdi; i mandolini sono una varietà di mandorle molto grosse che sono particolarmente buone da mangiare allo stato verde in quel periodo, mentre allo stato maturo, ad ottobre novembre sono buoni per fare i dolci; A questo scopo vanno bene anche le mandorle, ma siccome piaceva mangiarli verdi, molto spesso ancora piccoli, la ricerca della varietà, quindi delle polze da innestare era sempre puntata sui mandolini; poi in aprile c'erano le brugnole agre dette anche rustichelle; queste sono una varietà di frutto che come il mandolino sono buone da mangiare nei due diversi stadi di maturazione, da verde e da maturo. Le brugnole allo stato verde sono agre, tuttavia sembrano delle caramelle; gli alberi di questa varietà ne fanno tante e sono particolarmente invitanti; i mandolini verdi, e le brugnole rustichelle verdi non esistono nell'attuale distribuzione commerciale ed il nostro progetto iniziale, e l'associazione "Agriclub frutteto del monte" che ne deriva portando alla pubblica disponibilità i loro antichi ed oggi sconosciuti sapori compie una delle proprie finalità di recupero e divulgazione.
    A maggio arrivano le prime ciliegie, le "maggiarole", di polpa non molto consistente, non molto grosse, ma gli alberi ne fanno tante, le fanno quasi a grappoli e sono buone, perché sono le prime, perché essendo piccole si possono mangiare a mazzetti interi, sputando poi gli ossi cumulativamente.
    Le brugnole rustichelle raggiungono le dimensioni di maturazione, anche se a maturazione vera e propria ci giungono a fine maggio, o i primi di giugno, comunque a chi piace quelle sono sempre buone da mangiare; non mature per il loro amarognolo buono da gustare come una caramella, mature passando per tutti i gradi intermedi, perché man mano che si maturano perdono l'amarognolo e diventano dolci e profumate.
    A giugno nelle nostre campagne iniziava il boom della frutta; arrivavano a maturazione vari tipi di ciliegie, non tutte pregiate per la verità, anche perché non si era ancora sviluppata la selezione genetica di oggi, comunque la famiglia Brandoni, da sempre si è tramandata una varietà di ciliegia durone detta crognola veramente speciale di cui ne ha innestate una cinquantina in porta innesti appropriati, oltre ad averne piantate altrettante in tutte le varietà certificabili e certificate con passaporto europeo; a giugno inoltre si maturano le pesche, delle quali nelle nostre campagne se ne trovavano in tutte le dimensioni, forme, colori; ce ne erano pelosi, non pelosi, più o meno succosi, che liberavano e non l'osso, quelle a noce, a limone, ad albicocco ecc.             Oggi sicuramente nella distribuzione commerciale la gamma è sicuramente più ristretta e selezionata e sicuramente qualche varietà più rustica (ad esempio le pelose o le nostre settembrine) è scomparsa; siamo certi di fare qualche recupero varietale anche sulle pesche, perché da sempre la famiglia Brandoni ne è stata fornita e ne dispone di varietà antiche di provata eccellenza, tuttavia anche per queste il parco ne disporrà di una nutrita rappresentanza di tutte le varietà certificabili e certificate con passaporto europeo provenienti da vivaio qualificato.
    Le albicocche; ne esistevano di diverse varietà ed il parco ne disporrà di una trentina di piante fornite da vivaio di tutte le varietà certificabili e certificate con passaporto europeo.
    Le susine; ne esistevano e ne esistono in varie forme, colori, dimensioni, e gusti. Il parco ne dispone su vecchi alberi tramandati per innesti locali di una varietà che chiamiamo profumata per il suo retrogusto che entra nel naso, e di una più comune chiamata "cosce delle monache", ma ne disponiamo anche di una cinquantina di alberi presi da vivaio in tutte le varietà certificabili e certificate con passaporto europeo.
    A luglio il boom della frutta prosegue con delle ciliegie tardive e con le "visciole" in Italiano "amarene", ciliegie selvatiche, piccole dal sapore intensamente amarognolo che può essere gustoso per qualcuno tenere in bocca a modo di caramella. Le amarene sono piante molto produttive, ed anche una volta le donne contadine le usavano per farci le marmellate da consumarsi in inverno. E' difficile da trovare le amarene fresche nella distribuzione commerciale, in quanto il loro gusto non è certamente di massa, mentre se ne trovano in abbondanza confezionate in marmellate prodotte dall'industria di trasformazione. Il parco ne ha piantati 10 alberi per dare la possibilità ai visitatori e clienti di gustarle fresche o anche confezionate in modo casalingo da loro stessi o dalll'agriclub.
    Le pere è un frutto che inizia ad essere presente in talune varietà a luglio. Di pere, la distribuzione commerciale ne dispone di un grande assortimento di varietà, anche nuove, ottimizzate per la commercializzazione e lavorazione industriale. Il parco ha alcuni alberi di una decina di anni che portano delle varietà tramandate in azienda, fra cui quelle "d'inverno", che andavano conservate nei melari (di cui parleremo più avanti per le mele), ed una ventina di nuovi alberi di varietà certificata, tra le quali quelle classiche, le Wiliam, le Abate, ecc., da far gustare alla clientela con il formaggio prodotto dalle aziende biologiche marchigiane.
    A luglio cominciano ad arrivare i primi fichi; nelle nostre campagne se ne trovavano in grande quantità e in diverse varietà, c'erano quelli bianchi, quelli neri, i verdacchi, ecc. I fichi si prestano ad essere confezionati in "lonze di fico". La distribuzione commerciale ci propone alcune varietà di fichi freschi, ma non confezionati nelle lonze di fico, forse perché tale confettura era solo tipica della bassa valle Esina. A luglio i peschi continuano il loro boom produttivo con varietà di quel periodo.
    Ad agosto continua il boom delle pesche, delle pere, dei susini, dei fichi, arrivano le prime mele. La distribuzione commerciale, proponendoci tutto l'anno, anche conservate nei frigoriferi le nostre pregiate mele del Trentino Alto Adige, ci offre le migliori al mondo; Non per questo non meritano il giusto apprezzamento le mele che si trovavano cinquant'anni fa nelle nostre campagne, con tutta la tradizione popolare legata a questo classico frutto.
    Le nostre campagne erano piene di alberi di meli, che sono anche molto produttivi; Quelli di grosse dimensioni ne producevano a quintali, e quelle non consumate fresche, perché ce n'erano tante, venivano conservate nei "melari" e le eccedenze andavano anche date ai maiali. Il melaro è una piattaforma di 2 metri x 2 metri o 3 metri x 3 metri realizzata come intelaiatura da assi di legno e come fondo da canne dei canneti dei fossi, legate vicine una all'altra, oppure per il fondo si usava anche della rete metallica zincata a maglie giuste per trattenere le mele; L'intera piattaforma veniva posizionata in orizzontale in dei gelsi vicini alla casa colonica e sulla piattaforma ci venivano posate le mele (o le pere d'inverno) in strato sottile, che si conservavano alle intemperie per tutto l'inverno. Un aneddoto classico di quei tempi è che quando un bambino di casa non si trovava, uno dei posti in cui lo si cercava per primo era proprio il melaro, in cui i bambini di allora salivano attratti anche dalla fame.
    Un'antica varietà scomparsa di mele di cui era piena la nostra campagna era la "melella", che era una piccola mela molto fresca e dolce, con le quali i contadini di una volta si rinfrescavano la bocca, accaldati per il clima e la fatica del periodo. Quella varietà è scomparsa e il parco e l'omonimo agriclub sono riusciti a recuperarla e riproporla alla clientela, con altre varietà rustiche, ma molto saporite di quei tempi
    Ad agosto maturano anche le more; Nelle nostre campagne di rovi selvatici lungo i fossi abbandonati se ne trovano in grande quantità, forse anche più di un tempo quando i fossi ed il territorio veniva più curato; ai contadini di allora, come a quelli di oggi piacevano mangiare le more, e per andarne a prenderne qualcuna occorreva pungersi, perché il rovo che produce la mora selvatica è un arbusto spinoso molto tenace; I contadini di cinquant'anni fa potevano comunque tranquillamente mangiare le more di rovo, oggi è molto sconsigliabile, perché ad eccezione degli ancora pochi casi di agricoltura biologica, ci arrivano facilmente le barre degli atomizzatori ad irrorarli con i pesticidi con cui si trattano le culture.
    Il parco e l'omonimo agriclub non potava ricreare quella situazione da riproporre ai soci, futuri soci, ed affiliati per far rivivere l'emozione di gustare le more selvatiche al prezzo di pungersi tutti, sarebbe stato un lavoro in discesa, sarebbe bastato lasciare incolto e all'incuria qualche mese i bordi del Fosso Malviano con cui confina per 600 metri, ma non sarebbe stato un buon servizio per nessuno. Abbiamo voluto strafare; abbiamo bonificato e pulito il bordo del fosso Malviano nella parte confinante con il parco e ad una distanza di circa 3 metri abbiamo  eretto una recinzione metallica sulla quale si arrampicano more senza spine, lamponi, uva spina, ribes, in tutte le varietà certificabili e certificate con passaporto europeo, così da proporre una prelibata e fresca passeggiata ai visitatori.
    A settembre si matura l'uva; principalmente nelle vigne, e nei filoni di cinquant'anni fa, come oggi si coltivavano viti da vino, le stesse di oggi, locali della zona, Verdicchio, Lacrima, Sangiovese, Monte Pulciano, Malvasia bianca e rossa, ecc., però ben imboscate in qualche parte più nascosta e impensata dei filoni i contadini tenevano le loro viti segreti, quelle che facevano l'uva buona da mangiare, che normalmente si mangiava tutta prima della vendemmia; erano viti di moscatello, ne esistevano di bianco e di rosso, con un gusto ed un sapore assai più intenso dell'uva da tavola che si trova nella distribuzione commerciale per tutto l'arco dell'anno, la cui principale caratteristica ha quella di avere i chicchi molto grandi; Il moscatello invece ha i chicchi grandi come l'uva da vino ha solo il sapore caratteristico, che se vinificato anche in piccole quantità può caratterizzare del suo sapore grandi quantità di vino. Il parco per quanto riguarda l'uva buona da mangiare conserva dei vecchi filari di vigna di moscatello bianco, provenienti da polze aziendali e della zona, inoltre ha piantato alcune viti di uva fragolina, presente nella zona cinquant'anni fa ma ora pressoché scomparsa, quindi un altro recupero. L'uva fragolina ha dei chicchi molto piccoli, è buona da mangiare e se vinificata, è un uva solo da taglio e conferisce al vino il sapore di fragola che ad alcuni può piacere. Il parco inoltre ha delle viti di Verdicchio e Malvasia bianca che vinifica.
    A settembre, prosegue la stagione delle mele, pere, pesche e in particolare quelle settembrine, pelose e dolcissime, che non esistono nella distribuzione commerciale, ma che il parco ha in delle vecchie piante tramandate in azienda.
    A ottobre si fa il vino, prosegue la stagione delle mele e delle pere con le varietà più tardive, le mele e le pere cotogne; il parco ne dispone di entrambe, ma presso le antiche famiglie agricole in questo periodo maturavano le giuggiole; nota è anche la letteratura relativa al "brodo di giuggiole", di cui ci pregiamo offrire un'antica ricetta; Nella distribuzione commerciale le giuggiole sono introvabili; Il parco ne dispone di un albero di una trentina d'anni di varietà locale tramandato in azienda, e di altri di varietà "giuggiole mele, giuggiole pere, acquistate da vivaio certificate con passaporto europeo.
    A ottobre inoltre giunge a maturazione alcuni tipi di varietà di olive da tavola, tra le quali la "Ascolana" e la "San Francesco" (che cade il 4 di ottobre); Il parco dispone di tutte le varietà di olive da tavola in alberi nuovi, ad eccezione della "Raggia di Monte San Vito" che però matura a novembre.
    A novembre, resta solo la raccolta delle olive con la loro molitura e le tradizioni a queste legate, come il pane con l'olio nuovo, le bruschette, le insalate per assaggiare il nuovo olio, la rituale "cura" delle olive in salamoia, che consisteva nello scuotimento quotidiano dell'oliva raggia nera nei vasi di salamoia da ripetersi per quaranta giorni. Per quanto riguarda invece tutta l'altra frutta, la produzione di quella locale finisce, Sulle tavole delle antiche famiglie contadine in questo periodo ci finivano le scorte dei "melari", destinate a durare anche per i mesi successivi, però c'erano degli anni in cui le mele e le pere non si mantenevano, si ammaccavano e si infradiciavano, allora per non mandarle totalmente in rovina in questo mese si mangiava la parte buona.

    Dagli inizi degli anni 50 con la comparsa dei primi trattori, e il conseguente superamento delle macchine a trazione animale, che ben si prestavano agli slalom tra i fitti alberi di un tempo (riportiamo le foto dell'antico aratro aziendale in ferro degli anni 20 a trazione animale in mostra nel parco, e del primo trattore posseduto dall'azienda, il Fiat 25c, al centro della foto che vi proponiamo vicino al fratello più grande, il Fiat 55c, trattore leader negli anni 50, tipico dei contoterzisti di allora))  cominciarono a scomparire i primi filoni dai campi, con tutti gli alberi da frutta che vi si trovavano, e tanti piantoni di olive secolari, a cominciare da quelle fuori fila, negli anni 60 poi arrivarono le mieti trebbiatrici, che oltre ad essere grandi sono anche alte, e non si possono accostare sotto i piantoni secolari di olive, quindi in pochi anni scomparvero anche quelli che si trovavano ben allineati, negli anni successivi fino ad arrivare ai giorni nostri anche i trattori si sono fatti ancora più grandi e produttivi, così anche gli attrezzi da essi portati, e la campagna oggi è come la vediamo; sono spariti gli alberi, con tutti i sapori dei loro frutti. I sapori attuali, si sono ristretti a una gamma ben definita e catalogata di frutta, ottimizzata secondo i criteri della produzione intensiva, eventuale successiva lavorazione industriale, o comunque conservazione e distribuzione.

    Nel comune di Monte San Vito, particolarmente sensibile a questi valori, annualmente, viene organizzata a fine luglio la festa della trebbiatura, con rievocazione storica della trebbiatura anni 50 e mostra delle macchine agricole dell'epoca, di cui a Monte San Vito esistono molti appassionati. Per omaggiare il comune che ci ospita abbiamo creato un'apposita pagina riferita alla festa del 28 luglio 2002.

    Occorreva che qualcuno recuperasse in qualche modo questo patrimonio, che proprio oggi in tempi di inquinamento, intossicazioni alimentari di vario genere, come non mai ne sentiamo l'importanza; ci hanno pensato il parco agrituristico IL FRUTTETO DEL MONTE, e da recente, l'omonima associazione "AGRICLUB FRUTTETO DEL MONTE" associazione di volontariato per la tutela ambientale, costituita in base alla Legge 266/91 e L. r. 48/95, iscritta nel Registro - reg. Volontariato sez. ambientale con decreto del Dirigente del P. F ciclo dei rifiuti . aerca - sostenibilità ambientale N° 105 / CRA del 19/06/06 che attorno a questa sua operazione di recupero e valorizzazione hanno basato tutta la loro attività, che va dalla produzione agricola biologica da consumare all'interno della sede associativa e nella rete delle associazioni affiliate di volontariato e di tutela ambientale, ad un'offerta turistica diversa da quella agrituristica tout court, più aperta e più partecipata dall'utente.
    Abbiamo previsto una ricettività interna ed esterna, e per ora siamo in avanzato stato di realizzazione solamente di quella all'aperto, fino ad un offerta formativo culturale quanto mai indispensabile in materia. Sfidiamo ad immaginare quanti al di la dei fiori di pesco legati alla mitica canzone di Lucio Battisti "fiori rosa fiori di pesco", conoscano gli altri fiori degli alberi da frutta altrettanto bellissimi e colorati, quanti hanno presente ad esempio semplicemente il fiore di pera, o più raramente quello del melograno. 
    E' quanto mai opportuno che delle scolaresche fin dalle classi elementari, prendano contatto con la natura venendo ad assistere alla fioritura del parco in primavera, o gli studenti delle scuole superiori specializzate in agraria, le stesse facoltà di agraria approfittino dell'occasione unica di avere un assortimento così ampio di varietà di frutta per sperimentare nuove tecnologia per la potatura, o incroci varietali, ma niente di incompatibile con la conduzione biologica naturale a cui lo stesso parco si è votato.
    Ci preme inoltre puntualizzare che l'aspetto fondante di tutta la nostra attività ricreativa culturale non è limitato alla riproposizione e realizzazione di quel ricco calendario di maturazione della frutta locale in vigore nelle nostre zone fino a cinquant'anni fa, ma per offrire ancora più assortimento siamo aperti alle sperimentazioni di altre varietà possibili da coltivare in loco, assolutamente con tecnologia biologica; possiamo aggiungere che ci stanno crescendo bene, anche frutti esotici, quali fichi d'india, oppure noccioli, ed altri di cui attendiamo di vedere i risultati.

    Quanto alla sperimentazione, sarà particolarmente intensa nella produzione del olio extravergine di oliva biologico. Attualmente la produzione dell'olio delle oliva del parco avviene per la quasi totalità dalle suoi vecchi piantoni secolari. Le olive del parco vengono lavorate tassativamente ogni 48 ore da frantoio convenzionato, ai massimi livelli tecnologici, e di igiene ambientale, e conservato in fusti in acciaio inox AISI 304 ad una temperatura costante di 15 gradi per un periodo massimo fino all'anno successivo. Nei prossimi anni entrerà in produzione il nuovo impianto di 1000 olive tutte certificate, di cui il 70% è Raggia di Monte San Vito", il 20% è "Frantoio" e il 10% è "Leccino". Attualmente, non solo a Monte San Vito, ma su tutta la produzione dell'olio d'oliva Italiano in generale, (non parliamo di quello d'importazione), per la quasi totalità, ad eccezione di oli tipici locali, non vi è una distinzione delle olive che compongono l'olio. Mentre nei vini, nelle loro confezioni troviamo scritto il nome del vitigno dell'uva di cui è fatto, difficilmente su quelle dell'olio d'oliva troviamo scritta la varietà di oliva. Il parco avendo tutte le sue piante di oliva dotate di certificazione Europea, potrà produrre olio "Raggia di Monte San Vito", olio "Frantoio", olio "Leccino", e l'olio pregiatissimo "dei piantoni secolari", (che è quello prodotto attualmente) e sperimentare tra loro tagli alla ricerca di accostamenti ideali per gusto ed aroma ai nostri piatti tipici locali.

    Cliccando l'ipertesto del sommario "oggi nel parco sono maturi" si troveranno riportate l'arrivo a maturazione di certe varietà di frutta il cui esatto nome varietale non viene riportato con precisione, ma ci si limita ad una puntuale descrizione delle caratteristiche; sono tutte quelle varietà di frutta provenienti dagli antichi filoni aziendali, successivamente innestate e reinnestate negli "streppi", (i porta innesti è novità vivaistica recente). Quelle piante ci fanno sentire gli antichi sapori, obbiettivo primario della creazione del parco; tra queste possiamo proporre due o tre tipi di ciliegi, un assortimento di peschi che si maturano man mano da luglio a settembre, le perelle, un paio di tipi di susine, le brugnole rustichelle, le giuggiole, le viti di moscatello, l'oliva raggia di Monte San Vito, come oliva da tavola. Completa questo antico assortimento aziendale gli altri 400 alberi da frutta acquistati da vivaio che dovrebbe arricchire l'antico calendario di maturazione della frutta, e nella pagina del sito "oggi nel parco sono maturi" saranno elencate con il proprio nome riportato dal certificato di passaporto europeo. 

    A conclusione di queste enunciazioni, ben legittimati dalla permanenza ultra secolare della nostra famiglia sul fondo e sul territorio monsanvitese, ad esclusivo uso e consumo dei visitatori del nostro sito internet pubblichiamo in una raccolta che implementeremo man mano secondo il nostro tempo disponibile 

L'antico ricettario rurale tipico di Monte San Vito

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